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Pratiche esteriori
226. Benché l'essenziale di questa devozione consista
nell'interiore, essa comporta diverse pratiche esteriori che non
bisogna trascurare: «Queste cose bisognava praticare, senza
omettere quelle». Le pratiche esteriori, fatte bene, aiutano
quelle interiori e ricordano alla persona, che agisce sempre per mezzo
dei sensi, ciò che sta facendo o ciò che deve
fare; esse inoltre hanno il vantaggio di edificare il prossimo che le
vede, ciò che non si può dire di quelle
interiori. Che nessun mondano, o critico, metta qui il naso per dire
che la vera devozione sta nel cuore, o che bisogna evitare
ciò che è esteriore perché ci
può essere vanità, o che si deve tener nascosta
la propria devozione, ecc. Rispondo loro con le parole del Maestro:
«Così risplenda la vostra luce davanti agli
uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria
al vostro Padre che è nei cieli». Questo, come
dice san Gregorio, non perché si debbano compiere le proprie
azioni e devozioni esteriori per compiacere gli uomini e ricavarne
qualche lode: sarebbe vanità; invece si compiono qualche
volta davanti agli altri per piacere a Dio e così rendergli
gloria, senza preoccuparsi dei disprezzi o delle lodi degli uomini.
Presenterò in breve alcune pratiche esteriori, che non sono
tali perché mancano di interiorità, ma
perché hanno degli aspetti esteriori e si distinguono
così da quelle puramente interiori.
227.
PRIMA PRATICA.
Quelli e
quelle che vorranno entrare in questa particolare devozione, che non
è eretta in confraternita, anche se ciò sarebbe
auspicabile, dopo aver dedicato almeno dodici giorni per svuotarsi
dello spirito del mondo, contrario a quello di Gesù Cristo,
come ho già detto nella prima parte di questa preparazione
al Regno di Gesù Cristo, impiegheranno tre settimane per
riempirsi di Gesù Cristo per mezzo della Santa Vergine. Ecco
il programma che potranno seguire.
228.
Durante la
prima settimana
rivolgeranno tutte le loro preghiere e opere di pietà a
chiedere la conoscenza di se stessi e la contrizione dei loro peccati e
lo faranno in atteggiamento di totale umiltà. Per questo, se
lo vogliono, potranno meditare ciò che ho detto circa il
nostro cattivo fondo, considerandosi in questi sei giorni della
settimana, come delle lumache e lumaconi, rospi, porci, serpi e
caproni. Potranno meditare queste tre frasi di san Bernardo:
«Pensa ciò che sei stato: un seme corrotto;
ciò che sei: un vaso immondo; ciò che sarai: un
cibo per i vermi». Pregheranno Gesù Cristo Signore
e il suo Santo Spirito di illuminarli, dicendo: «Signore, che
io veda», oppure: «Che io conosca me
stesso», o ancora: «Vieni, Spirito
Santo», e diranno tutti i giorni le litanie dello Spirito
Santo e l'orazione che segue, riportate nella prima parte di questo
libro. Ricorreranno alla Santa Vergine e le chiederanno questa grande
grazia, che deve essere il fondamento delle altre; per questo
reciteranno ogni giorno l'Ave stella del mare e le sue litanie.
229.
Nella seconda
settimana si
applicheranno in tutte le loro orazioni e nelle azioni della giornata,
a conoscere la Santa Vergine. Chiederanno tale conoscenza allo Spirito
Santo. Potranno leggere e meditare ciò che abbiamo detto a
questo riguardo. Come nella prima settimana, reciteranno con questa
intenzione le litanie dello Spirito Santo e l'Ave stella del mare e, in
più, un rosario intero tutti i giorni, o almeno una corona.
230.
Dedicheranno la
terza
settimana a conoscere Gesù Cristo. Potranno leggere e
meditare ciò che ne abbiamo detto e recitare l'orazione di
sant'Agostino, posta verso l'inizio di questa seconda parte. Con lo
stesso santo, potranno dire e ripetere cento e cento volte al giorno:
«Signore, che io ti conosca!», oppure:
«Signore, che io veda chi sei!». Come nelle
settimane precedenti, reciteranno le litanie dello Spirito Santo e
l'Ave stella del mare, aggiungendo ogni giorno le litanie di
Gesù.
231.
Al termine di
queste tre
settimane, si confesseranno e comunicheranno, con l'intenzione di darsi
a Gesù Cristo, come schiavi d'amore per le mani di Maria.
Dopo la comunione, che cercheranno di fare seguendo il metodo indicato
più avanti, reciteranno la formula di consacrazione, che
troveranno ugualmente più avanti; bisognerà
scriverla, o farla scrivere, se non è stampata e la
firmeranno il giorno stesso in cui l'hanno pronunciata.
232.
In quel giorno,
sarà bene pagare un qualche tributo a Gesù Cristo
e alla sua santa Madre, sia in penitenza della passata
infedeltà ai voti del battesimo, sia per affermare la
propria dipendenza dal dominio di Gesù e di Maria. Questo
tributo sarà secondo la devozione la possibilità
di ciascuno; potrebbe essere un digiuno, una mortificazione,
un'elemosina, un cero; anche se non dessero che uno spillo come
omaggio, di buon cuore, sarebbe abbastanza per Gesù, che
guarda solo la buona volontà.
233.
Almeno ogni
anno, nel
medesimo giorno, rinnoveranno la stessa consacrazione, osservando le
medesime pratiche durante le tre settimane. Anche ogni mese e ogni
giorno, potranno rinnovare ciò che hanno fatto, usando poche
parole: «Io sono tutto tuo e tutto ciò che ho ti
appartiene, amabile mio Gesù, per mezzo di Maria, tua santa
Madre».
234.
SECONDA
PRATICA.
Reciteranno tutti i giorni della loro vita, senza però
sentirsi in obbligo, la piccola corona della Santa Vergine, composta da
tre Padre nostro e dodici Ave Maria, in onore dei dodici privilegi e
grandezze della Santa Vergine. Questa pratica è molto antica
ed è fondata nella Sacra Scrittura. San Giovanni vide una
donna coronata di dodici stelle, rivestita di sole e con la luna sotto
i suoi piedi; questa donna, secondo gli interpreti, è la
Vergine Santa.
235.
Vi sono diversi
modi per
recitarla bene e sarebbe troppo lungo riferirli; lo Spirito Santo li
insegnerà a quelli e quelle che saranno più
devoti a questa devozione. Tuttavia, un modo semplice per recitarla
è di dire anzitutto: «Degnati di accettare le mie
lodi, Vergine Santa; dammi forza contro i tuoi nemici». Poi
si recita il Credo e quindi un Padre nostro seguito da quattro Ave
Maria e un Gloria al Padre; poi un altro Padre nostro, quattro Ave
Maria e un Gloria al Padre, e così di seguito. Alla fine si
recita: «Sotto la tua protezione ci rifugiamo».
236.
TERZA PRATICA.
E' molto
lodevole, glorioso e utile per quelli e quelle che si saranno
così fatti schiavi di Gesù in Maria, portare come
segno della loro schiavitù d'amore delle piccole catene di
ferro, benedette con una benedizione propria che si trova qui di
seguito. Questi segni esteriori, in verità, non sono
essenziali e una persona può benissimo farne a meno,
benché infervorata di questa devozione; tuttavia non posso
che lodare molto quelli e quelle che, dopo aver scosso le catene
vergognose della schiavitù del demonio, in cui il peccato
originale e forse i peccati attuali li ave-vano imprigionati, si sono
volontariamente posti sotto la gloriosa schiavitù di
Gesù Cristo e si gloriano con san Paolo di essere in catene
per Gesù Cristo, catene mille volte più gloriose
e preziose, anche se di ferro e senza splendore, di tutte le collane
d'oro degli imperatori.
237.
Benché
in
passato non ci sia stato nulla di più infame della croce,
ora questo legno è l'oggetto più glorioso del
cristianesimo. Lo stesso è per le catene della
schiavitù. Non c'era nulla di più ignominioso tra
gli antichi, e ancora oggi tra i pagani; ma tra i cristiani non
c'è nulla di più illustre che queste catene di
Gesù Cristo, perché ci liberano e preservano dai
legami infami del peccato e del demonio; perché ci mettono
in libertà e ci legano a Gesù e a Maria, non per
costrizione e per forza, come dei forzati, ma per carità e
amore, come dei figli: «Io li attirerò a me, dice
Dio per bocca di un profeta, con catene d'amore». Queste
pertanto sono forti come la morte, e in un certo senso più
forti, per coloro che saranno fedeli a portare fino alla morte queste
insegne gloriose. Infatti, benché la morte distrugga i loro
corpi riducendoli in polvere, non distruggerà affatto i
legami della loro schiavitù, i quali, essendo di ferro, non
si corromperanno facilmente e forse nel giorno della risurrezione dei
corpi, al grande ultimo giudizio, queste catene legheranno ancora le
loro ossa, entreranno a far parte della loro gloria e saranno mutate in
catene di luce e di gloria. Felici dunque mille volte gli illustri
schiavi di Gesù in Maria, che porteranno le proprie catene
fino alla tomba!
238.
Ecco le ragioni
per
portare queste catene. Anzitutto è per ricordare al
cristiano i voti e gli impegni del suo battesimo, della rinnovazione
perfetta che ne ha fatto con questa devozione e dello stretto obbligo
che ha assunto di rimanervi fedele. Poiché l'uomo si lascia
condurre più spesso dai sensi che non dalla pura fede, egli
dimentica facilmente i suoi obblighi verso Dio, se non ha qualcosa di
esteriore che glieli ricordi; queste catenelle servono
meravigliosamente al cristiano per rammentargli le catene del peccato e
della schiavitù del demonio, da cui il santo battesimo lo ha
liberato, e la dipendenza da Gesù Cristo, che egli ha votato
nel santo battesimo e ratificato con la rinnovazione dei propri voti.
Una delle ragioni per cui sono così pochi i cristiani che
pensano ai propri voti del santo battesimo e che vivono da dissoluti,
come se nulla avessero promesso a Dio, come i pagani, sta nel fatto che
essi non portano nessun segno esteriore che glielo faccia ricordare.
239. In secondo luogo è per mostrare che non si arrossisce
della schiavitù e della servitù di
Gesù Cristo e che si rinuncia alla funesta
schiavitù del mondo, del peccato e del demonio. In terzo
luogo è per essere garantiti e preservati dalle catene del
peccato e del demonio. Infatti, o portiamo catene di
iniquità, oppure catene di carità e di salvezza.
240.
Ah! mio caro
fratello,
rompiamo le catene dei peccati e dei peccatori, del mondo e dei
mondani, del demonio e dei suoi seguaci; gettiamo lontano da noi il
loro giogo funesto: «Spezziamo le loro catene, gettiamo via i
loro legami» «Mettiamo i nostri piedi, mi servo
delle parole dello Spirito Santo, nei suoi ceppi gloriosi e il nostro
collo nelle sue catene». Curviamo le spalle e portiamo la
Sapienza, che è Gesù Cristo, e non mostriamoci
infastiditi dalle sue catene: «Introduci i tuoi piedi nei
suoi ceppi, il collo nella sua catena». «Piega la
tua spalla e portala, non disdegnare i suoi legami». Nota che
prima di dire queste parole, lo Spirito Santo prepara l'anima,
affinché non abbia a rigettare il suo importante consiglio.
Le dice infatti: «Ascolta, figlio, e accetta il mio parere;
non rigettare il mio consiglio».
241.
Mio caro amico,
lascia che
io mi unisca allo Spirito Santo per darti il medesimo consiglio:
«Le sue catene sono legami di salvezza».
Poiché Gesù Cristo dalla croce deve attirare a
sé ogni cosa, per amore o per forza, egli
attirerà i cattivi con le catene dei loro peccati, per
incatenarli alla sua ira eterna e alla sua giustizia vendicatrice, come
dei forzati e dei demoni; ma i veri credenti li attirerà con
le catene della carità, soprattutto in questi ultimi tempi:
«Attirerò tutti a me». «Io li
traevo con legami di bontà, con vincoli d'amore».
242.
Questi schiavi
d'amore di
Gesù Cristo, o incatenati di Gesù Cristo, possono
portare le proprie catene, o al collo, o al polso, o sui fianchi, o ai
piedi. Il Padre Vincenzo Caraffa, settimo generale della Compagnia di
Gesù, morto in concetto di santità nell'anno
1643, come segno della sua servitù portava un cerchio di
ferro ai piedi e diceva che la sua sofferenza stava nel non poter
trascinare pubblicamente la propria catena. La Madre Agnese di
Gesù, di cui abbiamo parlato, portava una catena di ferro ai
fianchi. Altri l'hanno portata al collo, in penitenza per le collane di
perle che avevano portato nel mondo. Altri le hanno portate ai polsi,
per ricordarsi, quando lavoravano con le mani, di essere schiavi di
Gesù Cristo.
243.
QUARTA PRATICA.
Avranno
una speciale devozione per il grande mistero
dell’Incarnazione del Verbo, il 25 marzo, che è il
mistero tipico di questa devozione. Essa infatti è stata
ispirata dallo Spirito Santo: 1°. per onorare e imitare la
misteriosa dipendenza che il Figlio di Dio ha voluto avere da Maria, a
gloria di Dio suo Padre e per la nostra salvezza; tale dipendenza
appare in modo particolare in questo mistero, nel quale Gesù
Cristo è come prigioniero e schiavo nel seno della divina
Maria e da lei dipende in ogni cosa; 2°. per ringraziare Dio
delle grazie eccezionali che ha fatto a Maria e particolarmente di
averla scelta come sua degnissima Madre: scelta che è
avvenuta in questo mistero. Ecco i due fini principali della
schiavitù di Gesù Cristo in Maria.
244.
Ti prego di
osservare come
io dica di solito: schiavo di Gesù in Maria, o
schiavitù di Gesù in Maria. In verità,
come molti hanno fatto finora, si può anche dire: schiavo di
Maria, o schiavitù della Santa Vergine; ma credo sia meglio
dirsi schiavo di Gesù in Maria, come il Tronson, superiore
generale del Seminario di San Sulpizio, famoso per la sua rara prudenza
e per la pietà consumata, lo ha consigliato a un
ecclesiastico che lo consultava a questo proposito. Ecco il
perché.
245.
1°.
Poiché viviamo in un secolo pieno di orgogliosi, con tanti
intellettuali pieni di sé, spiriti forti e critici, che
trovano a ridire anche sulle pratiche di pietà
più solide e meglio motivate, per non dare loro occasione di
critica senza necessità, è meglio dire
schiavitù di Gesù Cristo in Maria, o dirsi
schiavo di Gesù Cristo, piuttosto che schiavo di Maria.
Così facendo, la presente devozione prende nome da
Gesù Cristo, suo fine ultimo, piuttosto che da Maria, che
è il cammino e il mezzo per arrivare a questo fine; ma in
realtà si può usare l'una o l'altra espressione,
senza scrupolo, come faccio io. Per esempio, se uno viaggia da
Orléans a Tours, passando per Ambo i se, può ben
dire che va ad Amboi se, o che va a Tours; che è in cammino
per Amboise, o per Tours; la differenza tuttavia è che
Amboise rappresenta la strada dritta per andare a Tours, e che in
effetti è Tours il fine ultimo e il termine del viaggio.
246.
2°.
Poiché il mistero principale che si vuol celebrare e onorare
in questa devozione è il mistero dell'Incarnazione, nel
quale Gesù Cristo appare in Maria, fatto uomo nel suo
grembo, è più appropriato dire
schiavitù di Gesù in Maria, di Gesù
che abita e regna in Maria, come dice quella bella preghiera recitata
da persone illustri: «O Gesù vivente in Maria,
vieni e vivi in noi, nel tuo spirito di santità...
».
247.
3°. Questo
modo di
esprimersi sottolinea meglio l'intima unione che c'è tra
Gesù e Maria. Essi sono così intimamente uniti,
che l'uno è tutto nell'altro: Gesù è
tutto in Maria, e Maria è tutta in Gesù; o
piuttosto, ella non esiste più, ma è
Gesù solo che è in lei; si potrebbe
più facilmente separare la luce dal sole, che Maria da
Gesù: tanto che Gesù Cristo Signore
può essere chiamato Gesù di Maria, e la Vergine
Santa può essere detta Maria di Gesù.
248.
Il tempo non mi
permette
qui di fermarmi a spiegare le eccellenze e le grandezze del mistero di
Gesù che vive e regna in Maria, cioè
dell'Incarnazione del Verbo. In due parole, voglio solo dire che
abbiamo qui il primo mistero di Gesù Cristo, il
più nascosto, il più alto e il meno conosciuto.
E' in questo mistero che Gesù, in accordo con Maria e nel
suo grembo - chiamato per questo dai santi: la sala dei segreti di Dio
- ha scelto tutti gli eletti. In questo mistero egli ha operato tutti i
misteri della sua vita che sono venuti in seguito, poiché li
aveva accettati: «Entrando nel mondo, Cristo dice: Ecco, io
vengo per fare, o Dio, la tua volontà... Perciò
questo mistero è una sintesi di tutti i misteri; esso
contiene la volontà e la grazia di tutti gli altri. E
infine, questo mistero è il trono della misericordia, della
liberalità e della gloria di Dio. Trono della sua
misericordia verso di noi, poiché non ci possiamo avvicinare
a Gesù, né parlargli, se non per mezzo di Maria;
non possiamo vedere Gesù, né parlargli, se non
mediante Maria. Ora Gesù ascolta sempre la sua cara Madre e
concede sempre la sua grazia e la sua misericordia ai poveri peccatori:
«Accostiamoci dunque con fiducia al trono della
grazia». E' il trono della sua liberalità verso
Maria poiché, mentre questo nuovo Adamo dimorava in questo
paradiso terrestre, operava tante meraviglie nel segreto, che
né gli angeli, né gli uomini possono comprendere;
ecco perché i santi chiamano Maria la magnificenza di Dio,
come se Dio non fosse magnifico che in Maria. Ed è il trono
della gloria che Gesù rende al Padre suo: è
infatti in Maria che Gesù Cristo ha placato in modo perfetto
il Padre suo, irritato contro gli uomini; ed ha riparato in modo
perfetto la gloria che il peccato aveva portato via; con il sacrificio
che gli fece della sua volontà e di se stesso, gli rese
più gloria che non tutti i sacrifici dell'Antica Legge;
insomma gli ha reso una gloria infinita che mai il Padre aveva ancora
ricevuto da parte dell'uomo.
249.
QUINTA PRATICA.
Avranno
una grande devozione per l'Ave Maria e ameranno recitare questo
angelico saluto, di cui pochi cristiani, anche istruiti, conoscono il
valore, il merito, la grandezza e l'importanza. Per mostrarne il
valore, la Vergine Santa ha dovuto apparire più volte a dei
grandi santi, altamente illuminati, come a san Domenico, san Giovanni
da Capistrano, al beato Alain de la Roche. Essi hanno poi riempito
interi volumi, esponendo le meraviglie e l'efficacia di questa
preghiera nella conversione delle anime; hanno scritto con
profondità e hanno predicato in pubblico che la salvezza del
mondo è iniziata con l'Ave Maria, e che la salvezza di
ciascuno è legata a questa preghiera; una preghiera che ha
procurato il frutto di vita a una terra secca e sterile e che, se
recitata bene, fa germogliare nelle anime la parola di Dio e porta il
frutto di vita, Gesù Cristo; e che l'Ave Maria è
una celeste rugiada che bagna la terra, cioè l'anima,
perché porti frutto a suo tempo, e che un'anima che non sia
irrorata da questa preghiera o rugiada celeste, non porta nessun frutto
e non produce che rovi e spine, e va incontro alla condanna.
250.
Ecco ciò
che la
Santa Vergine ha rivelato al beato Alain de la Roche, come è
scritto nel suo libro De Dignitati Rosarii, riferito poi da Cartagena:
«Sappi, figlio mio, e fallo conoscere a tutti, che un segno
probabile e vicino di dannazione eterna sta nell'avere avversione, o
nell'essere indifferenti, o negligenti, nella recita del Saluto
angelico, che ha salvato il mondo intero». Sono parole
consolanti e terribili nello stesso tempo: si esiterebbe a crederle se
non fossero garantite da questo santo uomo, e da san Domenico prima di
lui, e poi da altri illustri autori, lungo l'esperienza di diversi
secoli. Si è sempre notato infatti che coloro che portano il
segno di condanna come gli eretici e i falsi credenti, gli orgogliosi e
i mondaini, odiano o disprezzano l’Ave Maria e il Rosario.
Gli eretici accettano ancora e recitano il Padre Nostro, ma non l'Ave
Maria, né il Rosario; li aborriscono: porterebbero addosso
più volentieri una serpe, che una corona del Rosario. E
così gli orgogliosi: pur essendo cattolici, ma avendo le
stesse inclinazioni di Lucifero, loro padre, disprezzano l'Ave Maria, o
ne sono indifferenti, e considerano il Rosario come una devozione da
donnette, buona solo per gli ignoranti e per quelli che non sanno
leggere. Al contrario invece, si è visto che, per
esperienza, quelli e quelle che portano i grandi segni della salvezza,
amano, gustano e recitano con gioia l'Ave Maria; e più essi
sono di Dio, e maggiormente amano questa preghiera. E' ciò
che la Santa Vergine dice ancora al beato Alain, dopo le parole
riferite sopra.
251.
Io non so come
e
perché questo succeda, ma so che è vero; e
anch'io non ho un miglior segreto per conoscere se una persona
è di Dio, che quello di verificare se ama dire l'Ave Maria e
il Rosario. Dico: se ama recitarla, perché può
succedere che un'anima sia nella impossibilità naturale o
anche soprannaturale di farlo, ma la ama sempre e la ispira agli altri.
252.
Anime dei veri
credenti,
schiave di Gesù in Maria, sappiate che dopo il Padre nostro,
la preghiera più bella di tutte è l'Ave Maria. E'
il complimento più perfetto che possiate rivolgere a Maria,
poiché è quello che l'Altissimo le rivolse, per
mezzo di un arcangelo, per conquistarne il cuore; e fu così
efficace sul cuore di lei, a causa dei segreti incanti di cui
è pieno, che Maria diede il proprio consenso alla
Incarnazione del Verbo, malgrado la sua profonda umiltà. E'
ugualmente per mezzo di questo complimento che voi conquisterete il suo
cuore infallibilmente, se lo direte come si deve.
253.
L'Ave Maria
recitata bene,
cioè con attenzione, devozione e semplicità,
è - al dire dei santi - il nemico del demonio, che mette in
fuga, e il martello che lo schiaccia; è la santificazione
dell'anima, la gioia degli angeli, la melodia dei veri credenti, il
cantico del Nuovo Testamento, il gaudio di Maria e la gloria della
santissima Trinità. L'Ave Maria è una celeste
rugiada che rende feconda l'anima; è un bacio casto e
amoroso che viene dato a Maria; è una rosa rossa che le
viene presentata, una preziosa perla che le viene offerta; è
una coppa di ambrosia e di nettare divino che le si porge. Sono tutte
immagini usate dai santi.
254.
Vi prego quindi
vivamente,
per l'amore che vi porto in Gesù e Maria: non vi basti
recitare la piccola corona della Santa Vergine, ma dite il Rosario ogni
giorno, anche intero se ne avete il tempo; nell'ora della vostra morte,
benedirete il giorno e l'ora in cui mi avete dato retta; infatti, dopo
aver seminato benedicendo Gesù e Maria, raccoglierete
benedizioni eterne in cielo: «Chi semina con larghezza, con
larghezza raccoglierà»
255.
SESTA PRATICA.
Per
ringraziare Dio delle grazie che ha dato alla Santa Vergine, diranno
sovente il Magnificat, sull'esempio della beata Maria d'Oignies e di
molti altri santi. E' l'unica preghiera e la sola composizione della
Vergine Santa, o piuttosto di Gesù in lei, perchè
era lui che parlava per bocca di lei. E’ il più
grande sacrificio di lode che Dio abbia ricevuto sotto la Legge della
grazia: il più umile e colmo di riconoscenza da una parte, e
dall'altra il più sublime e alto di tutti i cantici;
contiene misteri così grandi e nascosti, che neppure gli
angeli conoscono. Gersone, un pio e dotto professore, dopo aver
impiegato gran parte della propria vita a scrivere trattati pieni di
erudizione e di fede sulle materie più difficili, verso la
fine della vita intraprese tremando la spiegazione del Magnificat, come
a coronamento delle proprie opere. In un volume in folio da lui
composto, egli ci riferisce molte cose meravigliose a proposito di
questo bel cantico divino. Tra l'altro, dice che la Santa Vergine
medesima lo recitava sovente e in particolare dopo la santa Comunione.
come ringraziamcnto. Il dotto Benzonio, ugualmente spiegando il
Magnificat, riporta molti miracoli operati in forza sua e afferma che i
demoni tremano e fuggono quando sentono queste parole del Magnificat:
«Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i
superbi nei pensieri del loro cuore»
256.
SETTIMA
PRATICA. I fedeli
servitori di Maria devono molto disprezzare, odiare e fuggire il mondo
corrotto.
Possono servirsi delle pratiche per il disprezzo del mondo, che abbiamo esposto nella prima parte.