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Quel "pazzo" del Montfort


Mi permetto di chiamare «pazzo» San Luigi Maria Grignion perché in lui veramente vi era un grande amore verso Dio, un amore che era totale e si può dire benissimo di lui che era come quei santi russi detti «i folli in Cristo». La vita del santo, con tutta la sua ricchezza di missionario, fondatore, scrittore e servitore dei poveri si consuma in pochi anni ma lascia un segno forte per molti altri che seguiranno i suoi passi. Egli, con la sua vita, può insegnare molto a noi oggi, soprattutto quello slancio filiale verso Dio e slancio

caritativo verso i fratelli, senza alcuna riserva.

La sua coerenza al vangelo mette in discussione il nostro facile accondiscendere al mondo e alla sua mentalità scordandoci a volte le parole di S. Paolo. Il suo amore per i poveri invita noi a smetterla di pensare che la carità sia come scacciare una mosca che dà fastidio, o meglio come il compiere piccole azioni di carità qui e là per mettere un

po’ a posto la coscienza. La sua non-paura della Croce e della sofferenza, con lo sguardo rivolto sempre alla Provvidenza e ai beni eterni, mette in crisi la nostra tendenza a lamentarci e la nostra paura verso ciò che accade nella nostra vita. Il suo amore per Maria trascina e trasporta verso un cercar di comprendere il mistero incomprensibile di «Gesù Cristo in Maria», sempre da scoprire e da vivere nella propria vita.

Per capire un po’ chi era il santo ripercorriamo solo alcuni tratti della sua vita fino all’ordinazione e alcuni episodi della vita da sacerdote. Luigi Maria Grignion nasce nella parrocchia di S. Giovanni Battista, a Montfort (allora diocesi di Saint-Malo, ora diocesi di Rennes) in Francia nel 1673. Il Santo fu secondo di diciotto figli e tra tutti i suoi fratelli e sorelle predilesse la sorella Luisa la quale egli consigliava sin da quando erano entrambi bambini. Per condurla a Dio le diceva «Cara sorella, tu sarai bellissima, e tutti t’ameranno se tu ami Iddio». La sorella lo ascoltava e con lei portava le sue piccole amiche per recitare insieme il rosario. In seguito, anche dopo tanti anni, questa intima amicizia con la sorella egli la conserverà. Infatti dalle sue lettere alla sorella si nota come egli arriva a chiamarla «mio supplemento» quasi a indicare che entrambi si erano proiettati verso un obiettivo di unione a Dio e di servizio ai fratelli, legati da un legame spirituale invisibile e di mutuo sostegno. Le fatiche del lavoro del contadino sono state la sua prima scoperta da bambino piccolissimo: i poveri contadini, con le mani e il viso consumate dal lavoro quotidiano, con un esempio di semplicità e di vita comune furono i suoi primi maestri di vita. Quei volti li sono rimasti tanto nel cuore che con il passare degli anni nelle sue missioni egli si dedicherà solo a loro e vivrà tra loro. Prima del collegio, solo e bambino egli diceva il suo rosario ogni giorno: tutta questa preghiera mostra un amore grande del santo verso Dio fin dalla sua tenera età, un amore che da ragazzo e poi da uomo diventerà un fuoco incandescente. Il pregare il rosario già da questa età, grazie anche alla famiglia, indica anche un legame con Mari già presente nel santo. Legame che poi crescerà e si svilupperà sempre più, fino a spiegare ad altri i segreti che egli scopre su Maria, nei libri ma soprattutto nella preghiera. Anch’egli forse, come il bambino che un giorno sarebbe diventato il Curato d’Ars, pregava e amava questa «donna» che lo stesso Curato d’Ars diceva, in riferimento alla sua infanzia, «l’ho amata ancora prima di conoscerla». Il suo orientamento fisso alla santità è un invito continuo a noi a volare in alto appoggiandosi al lavorio della grazia di Dio, per non ripiegarsi su basse alture.


A Rennes iniziò a dodici anni il collegio, alloggiano da uno zio materno, prete e addetto alla chiesa parrocchiale di Santi-Sauveur. Il collegio dei Gesuiti di Rennes aveva quasi duemila alunni e il suo percorso era di circa dodici anni: si entrava bambini e si usciva uomini. Nella sua vita di studio, sempre con buoni risultati, egli non rinunciava mai alla carità verso i fratelli. Sempre cercava di attrarre gli altri all’amore per Dio. I poveri erano sempre nel suo cuore, anche in questa fase di crescita. Ad esempio la madre andò a trovarlo a Rennes un giorno e trovandosi all’ospedale chiese a una donna chi l’avesse fatta ricoverare. Ella rispose «vostro figlio mi ha procurato l’entrata in questo luogo e

mi ha fatto trasportare in una barella». Anche Blain nei racconti sul santo riporta vari fatti significativi dell’amore del santo verso i poveri. Egli diceva che si sottraeva ai loro

sguardi per recarsi ad abbracciare e ad accarezzare, in segreto, un povero mendicante. O anche quando una volta divenne povero per soccorrere un altro povero: vi era uno scolaro che era poverissimo e malvestito allora Grignion per vestirlo si fece mendicante per lui e non arrosi nel chiedere la carità. Ma poiché raccolse solo la metà dei soldi necessari per comprare il vestito lo portò dal negoziante dicendoli «Ecco un fratello mio e vostro; ho raccolto a scuola tutto ciò che ho potuto per vestirlo; se non basta tocca a voi aggiungere il resto». Il negoziante accettò e così fu vestito il ragazzo povero. Non trascurava tra studio, carità e slancio evangelico la sua preghiera personale con Dio che egli curava in luoghi ritagliati e solitari.


Finito il collegio egli si spostò a Parigi per poter iniziare il Seminario anche se non venne subito ammesso perché non aveva denaro sufficiente. In quel periodo Parigi era colpita da fame e carestia. Rimase sette anni a Parigi e la povertà che conobbe fu più dura e amara che a Rennes ma non gli fu triste, anzi anche in questa condizione egli non smetteva di orientare la sua carità verso i più poveri. A partire dal seminario per continuare poi nella sua vita, come dice De Fiores, «la grazia opera in lui una progressiva maturazione psicologica, sublimando le tendenze caratteriali di aggressività, possessività, singolarità, in forze costruttive del regno di Dio». Sempre più egli approfondirà la devozione a Maria e il legame con lei attraverso la preghiera. Fin dal collegio egli aveva imparato e rivolgersi a Maria con tanta semplicità infantile per tutte le sue esigenze, spirituali o temporali, che era sicuro di ottenere. In seminario approfondisce la conoscenza teologica su Maria e la confidenza in «Colei che tutto può per grazia» cresceva sempre più, fino ad arrivare a una confidenza assoluta. Il 5 giugno 1700 a ventisette anni viene ordinato sacerdote e il 1701 ordinato cappellano dell’ospedale di Poitiers.

Per capire ancora meglio la personalità del santo, tralasciando il percorso della sua esistenza che sarebbe molto lungo da riportare, si possono raccontare alcuni episodi della sua vita. Ad esempio egli non amava dare mai il suo nome nei luoghi dove andava per alloggiare in quanto la carità la si doveva fare per amore di Cristo e non per amor suo, rinunciando alle umane considerazioni. Famoso un episodio, tra i tanti del santo sulla stessa linea, dove egli dovendo passare per Montfort, per una missione in un luogo lì vicino, non usò il suo nome per alloggiare dalla sua vecchia nutrice ma chiese solo «per amore di Gesù Cristo» di essere ricevuto lui e il suo compagno di missione. La donna, che lo aveva custodito da piccolo, rifiutò la richiesta, in quanto il santo per non farsi riconoscere aveva mandato il suo compagno.

Allora egli, come alternativa, andò a dormire da un uomo poverissimo e vecchissimo che alla richiesta «per amore di Gesù Cristo» accolse con gioia i due condividendo con loro il pane che aveva e la sua piccola casa. Il giorno dopo saputo chi era colui che aveva rifiutato di far alloggiare la donna e anche i vicini andarono a chiederli perdono. Egli colse l’occasione per insegnare loro che la vera carità deve essere più divina che umana e più soprannaturale che naturale. Un altro esempio è quando egli comprava cattivi libri o libri di canzoni volgari per poi distruggerle insegnando ai venditori ed altri di essere felice di non permettere che non si commettesse anche un solo peccato a causa di questi libri. Si può dire che dei suoi quarantatre anni di vita gli ultimi dieci anni di vita li trascorse camminando sempre, e preferiva sempre andare a piedi. Il santo morì nel 1716 e fu sepolto a Saint-Laurent-sur-Sèvre.

Tra le sue opere più importanti, anche se ha scritto poco, va ricordato L’amore all’eterna sapienza, la Lettera agli amici della croce e il Trattato della vera devozione a Maria. L’ultimo libro è quello più conosciuto: molte persone, anche santi, lo hanno letto, riletto e meditato. Nei suoi scritti appare una grande radicalità e richiamo a una scelta di campo: o con Cristo o con il mondo. Inoltre vi si mostra una grande fiducia nella Provvidenza anche di fronte a mille difficoltà e sofferenze, segno queste per lui dei discepoli di Cristo. Alcune parti dei suoi scritti possono sembrare un po’ ostici: ha un modo di esprimersi diverso dal nostro, ma rimane tutta la ricchezza dei contenuti.

Il suo intento principale e ben riuscito, e sul quale vorrei soffermarmi e concludere, è stato quello di far scoprire la ricchezza della relazione con Maria. Una relazione con Maria che va alimentata e vissuta, seguendo l’esempio di Gesù Cristo stesso, e che possiamo curare tutti. Questo legame prezioso con Maria non solo permette di non arretrare nella vita di fede di fronte alle difficoltà ma aiuta ad essere strumenti di grazia, di gioia e di salvezza, nella maniera in cui si rimane fedeli al legame stesso. Siamo invitati a fare alleanza con Maria. Quest’ alleanza con Maria, come dice Forlai, non è un bel gioco devoto ma il prendere posizione nella lotta escatologica tra la Nuova Eva e il drago. È il mettersi dalla sua parte con responsabilità anche quando siamo bracati dalla paura o dal pericolo. E questa alleanza non è rivolta solo ad alcuni ma è rivolta a tutti: si può ricordare ad esempio la vita di Chiara Corbella, oggi molto conosciuta e di grande esempio. Essa viveva una stretta e bellissima relazione con Maria, infatti viene riportato da padre Vito, suo padre spirituale, che Chiara «dialogava con la Madonna, aveva un rapporto vivo con lei».

E chi più di Chiara non si è sentita bracata dalla paura del cancro e della morte. Forte di questa relazione con Maria, che è «una forza interiore» e che la rimandava continuamente a Cristo, lei non solo ha mantenuta salda la fede ma è stata anche seme di speranza ed esempio di una santità gioiosa nella croce per molti giovani della società di oggi. Per cui anche «quando il nostro annuncio del vangelo-Crocifisso risulta debole e i nostri tentativi sterili» anche «quando il lavoro da fare è enorme e quando il male che ci circonda insidiandoci sembra invincibile» bisogna affidarsi e allearsi con Maria, così come ha fatto San Luigi Maria Grignion per tutta la sua vita. Infatti bisogna imitare «i grandi santi devoti di Maria» che «non hanno avuto un attimo di tregua. Ma la loro forza era già tutta nella fede: essi vedevano la vittoria quando ancora era impossibile scorgerla, e sapevano che la Madre del Signore avrebbe schiacciato definitivamente la testa del serpente. Per questo rimasero sereni in mezzo alla bufera e, ignorando la fatica, raggiunsero la mèta del loro amore».


Fonti utilizzate

[1] Un pensiero al giorno con Montfort, (Shalom)

[2] Luigi Maria Grignion da Monfort, saggio autobiografico, don Giuseppe de Luca

[3] Itinerario spirituale di S. Luigi Maria di Montfort, Stefano de Fiores

[4] Madre degli Apostoli, Vivere Maria per annunciare Cristo, Giuseppe Forlai

[5] Piccoli passi possibili, (Porziouncola)


preso da: http://www.seminarioromano.it/la-sagrestia/gaudete-et-exsultate/370-gaudete-et-exsultate-san-luigi-maria-grignon-pt-2"

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